The Zhivago Affair. Come in un romanzo
La storia dietro la storia. Così vengono raccontate, da Peter Finn e Petra Couvée, le vicende che portarono alla pubblicazione de Il dottor Zivago, unica opera di Boris Leonidovič Pasternak. The Zhivago Affair: The Kremlin, the CIA, and the Battle over a Forbidden Book, pubblicato nel 2014 dal giornalista del Washington Post e corrispondente da Mosca e dalla studiosa e traduttrice di letteratura russa, non è il primo libro ad affrontare questo tema. E molto probabilmente non sarà l’ultimo.
L’affaire Zivago è da sempre oggetto di dibattito e confronto e molti autori ne hanno scritto, con toni più o meno romanzeschi. Tra questi anche Sergio D’Angelo, il giornalista romano e militante comunista che, nel marzo 1956, ricevette il dattiloscritto in cirillico direttamente dalle mani di Pasternak. Il valore aggiunto del testo di Finn e Couvée, però, è quello di aver lavorato per primi sui 99 file declassificati dalla CIA all’inizio del 2014, dando così una lettura della vicenda che, fino ad allora, aveva solo costituito un’ipotesi.
The Zhivago Affair si pone a metà tra letteratura e pubblicistica, storia e narrativa, ricostruendo una trama complessa celata dietro le vicende romanzesche di Jurij e della bella Lara e il ruolo in essa giocato dai servizi segreti statunitensi e britannici. Una trama che, per certi versi, è ancora più affascinante di quella descritta dall’autore russo. Una trama, altrettanto ‘romantica’, di spie e di muri che non ci sono più. Una trama che racconta la ‘guerra fredda culturale’, dimensione del decennale conflitto est-ovest troppo spesso passata in secondo piano rispetto alle vicende degli accordi, dei proclami politici e dei documenti ufficiali.
Il viaggio del manoscritto dall’Unione Sovietica all’Italia
La ricostruzione di Finn segue inizialmente le vicende, già note, che portarono il manoscritto di Boris Pasternak dalla sua dacia di Peredelkino, a circa venticinque chilometri a sud-ovest di Mosca, in Italia attraversando i confini dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia.
Resosi conto che le autorità sovietiche non ne avrebbero mai autorizzato la pubblicazione, Pasternak decise di affidare il suo romanzo a fidati contatti stranieri. Tra questi scelse proprio Sergio D’Angelo che, in quel momento lavorava come redattore e giornalista di Radio Mosca, e aveva contatti con l’editore Giangiacomo Feltrinelli. Secondo il racconto – anch’esso a metà tra ricostruzione e leggenda – Boris Leonidovič gli avrebbe consegnato il manoscritto originale dell’amato libro con parole profetiche: «Questo è il dottor Zivago. Possa cominciare il suo viaggio intorno al mondo». Pochi giorni più tardi D’Angelo era a Berlino dove consegnò il testo a Feltrinelli. Da lì il romanzo prese la via dell’Italia. Qui comparve sugli scaffali delle librerie nel 1957, pubblicato in esclusiva mondiale dalla casa editrice Feltrinelli.
La CIA e l’operazione Aedinosaur
È in seguito alle vicende che portarono alla sua pubblicazione, già di per sé avvincenti, che la storia di questo straordinario libro si trasforma in un affascinante romanzo di spionaggio. Ed è qui che il lavoro di Peter Finn sui file della CIA aggiunge nuovi elementi a quanto già noto.
Gli ingredienti della spy story ci sono tutti: agenti del MI6, il servizio segreto britannico, che entrano in possesso dei microfilm del manoscritto originale, forse fotografandolo durante una sosta insolitamente lunga di un aereo a Malta. L’assegnazione del premio Nobel per la letteratura a Pasternak nel 1958, che sarebbe stata resa possibile – senza un’edizione russa il riconoscimento non poteva venire assegnato – dalla pubblicazione del testo in una versione realizzata con le tecniche tipografiche tipiche dell’Unione Sovietica, nonostante il libro non si stato mai venduto nel paese prima del 1988. La CIA che nel 1959 riesce a farlo rientrare in URSS, sotto forma di copie clandestine, per farlo circolare tra dissidenti e intellettuali.
In una nota della CIA, datata 2 gennaio 1958, si legge che il servizio segreto britannico aveva consegnato un manoscritto originale di 433 pagine a uomini dell’intelligence statunitense. Secondo gli stessi documenti, dopo aver ricevuto il manoscritto, l’Agenzia avrebbe provveduto a far stampare in Olanda centinaia di copie in russo. L’intelligence olandese avrebbe favorito l’intera operazione. L’edizione venne poi distribuita alla Fiera Mondiale del libro di Bruxelles nel settembre 1958. In quell’occasione alcune copie sarebbero state consegnate furtivamente a visitatori sovietici attraverso lo stand del Vaticano. Nel 1959 altre copie in russo vennero stampate a Washington. La loro pubblicazione venne attribuita al lavoro degli emigrati russi in Europa, alcuni dei quali furono effettivamente attivi nella distribuzione al di là della Cortina di ferro.
In altri documenti declassificati si legge che l’Agenzia considerava Il dottor Zhivago «una sfida fondamentale all’etica sovietica della dottrina del sacrificio dell’individuo a favore del sistema». Uno strumento comunicativo potente e in grado di minare l’elemento su cui era stata costruita l’intera società comunista nel paese. Si trattava di una delle più grandi operazioni ‘culturali’ mai effettuate dalla CIA nel corso della guerra fredda. Un piano talmente importante per gli americani da avere un proprio nome identificativo in codice, AEDINOSAUR. L’iniziativa rientrava nella più ampia strategia di ciò che oggi chiamiamo soft power e che, nella specifica situazione geopolitica, puntava a minare il sistema sovietico rinforzando – come si legge ancora nei documenti pubblicati nel libro – «la predisposizione verso la libertà culturale e intellettuale, e l’insoddisfazione per la sua assenza».
Una perfetta ‘arma culturale’
A oggi l’identità dell’uomo che ha fornito la copia del manoscritto originale agli agenti del MI6 rimane un mistero. Oltre che a D’Angelo, infatti, Pasternak consegnò copie anche a due ricercatori di Oxford Isaiah Berlin e George Katkov. È probabile che il passaggio sia avvenuto senza alcuna consapevolezza da parte del soggetto coinvolto, forse proprio su quel volo transitato a Malta. Probabilmente neanche Pasternak era a conoscenza di quanto stava accadendo. All’epoca lo scrittore e poeta russo, che in passato aveva scritto poemi in onore di Stalin e Lenin, stava vivendo – non diversamente dal suo dottor Zivago – una profonda crisi di disaffezione nei confronti del potere di Mosca. Anche il suo rapporto con la pubblicazione del libro all’estero e con l’assegnazione del Nobel apparve all’epoca ambiguo. Dapprima sembrò esserne contento e poi – probabilmente per le pressioni ricevute – criticò la diffusione del libro senza il suo consenso. Di certo c’è solo che Pasternak non ritirò ma il prestigioso riconoscimento e che due anni dopo morì in quella stessa dacia di Peredelkino dove aveva affidato il manoscritto ai suoi emissari.
Secondo quanto scritto in The Zhivago Affair la CIA monitorava l’attività dello scrittore avendo compreso l’importanza strategica del suo libro, una ‘perfetta arma culturale’ nel più ampio panorama della Guerra fredda. Il Dottor Zivago «è il più importante libro tra quelli usciti sino a oggi dal blocco Sovietico […] – si legge nei documenti riportati da Finn – e ha un grosso valore propagandistico non solo per il suo messaggio intrinseco e la sua natura provocatoria, ma anche per le circostanze della sua pubblicazione […]. Il fatto che il più grande scrittore russo vivente non sia riuscito a pubblicare nel proprio paese, farà sì che i cittadini sovietici comprendano quanto di sbagliato c’è nel loro governo». Negli anni successivi il libro venne tradotto in decine di lingue e pubblicato in tutto il mondo, fino ad arrivare sui grandi schermi con la ricostruzione cinematografica del regista David Lean e l’interpretazione di Omar Sharif e Julie Christie.
«In un’epoca di terrorismo, droni e uccisioni mirate – scrive Finn in The Zhivago Affair – la fiducia nel potere della letteratura di trasformare la società può sembrare qualcosa di appartenente a un tempo andato». Eppure quel potere è ancora forte e diffuso in molte forme di comunicazione, anche quelle più rapide che caratterizzano la nostra epoca. Resta, così, il fascino senza tempo di un capolavoro della letteratura russa, magari da rileggere sulle note del ‘Tema di Lara’, cui il ruolo giocato nelle dinamiche della Guerra Fredda aggiunge al testo, molto più di quanto toglie, romanticismo e potenza evocativa.
Per approfondire
P. FINN, P. COUVÉE, The Zhivago Affair: The Kremlin, the CIA, and the Battle Over a Forbidden Book, Pantheon Books (Random House), New York 2014
I file della CIA di cui si parla nel testo sono stati pubblicati nell’aprile 2014 sotto l’etichetta ‘Doctor Zhivago’ e sono disponibili online all’indirizzo http://www.foia.cia.gov/collection/doctor-zhivago (ultimo accesso 19 ottobre 2015)
Categoria: Storie di spie