Plots and Plotters, gli agenti doppi nelle spy fictions
di Paolo Bertinetti
Plots and Plotters, il volumetto pubblicato dalla casa editrice Mimesis International, è una raccolta di saggi, scritti in inglese, dovuti ai docenti del Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne dell’Università di Torino. Il sottotitolo è Double-face agents and villains in spy fictions: invece di occuparsi dei “nostri eroi”, questa volta ci si è occupati dei loro nemici, i villains, cioè i “cattivi”, e i double agents – nei confronti dei quali, tuttavia, talvolta l’atteggiamento non è di condanna, ma di ambigua comprensione. Comprensibilmente, perché in qualche caso, come in quello del protagonista del Fattore umano, il romanzo di Graham Greene a cui è dedicato il saggio di Carmen Concilio, che è anche la curatrice del volume, il “fattore umano” ci induce a scusare il tradimento. Oppure perché (come dice chi scrive nel suo saggio sul film di Alfredson La talpa visto alla luce del libro di le Carré) le ragioni del tradimento, a distanza di tempo, possono essere almeno in parte scusate in nome della buona fede del traditore.
Un paio di saggi, con bella vivacità non disgiunta dall’erudizione, trattano di spionaggio ai tempi in cui il romanzo di spionaggio ancora non esisteva: quello di Lucia Folena a proposito di Misura per misura di Shakespeare e quello di Alessio Mattana a proposito del Cittadino del mondo di Oliver Goldsmith. Gli altri saggi, invece, si spostano, com’è naturale, su storie e personaggi novecenteschi. Si parte dall’inizio del secolo, con i double agents e le spie di Con gli occhi dell’Occidente e L’agente segreto, i romanzi di Conrad esaminati con perspicacia e competenza da Nadia Priotti. E si prosegue poi , aggirandosi negli anni della Prima guerra mondiale, con la figura di Mata Hari, ben delineata da Paola Carmagnani, e con le figure dei “cattivi” presenti in Ashenden l’inglese, il piccolo capolavoro di William Somerset Maugham a cui Paola Della Valle dedica un’analisi attenta e puntuale. Si passa infine ai double agents del secondo dopoguerra, di cui scrive brillantemente Irene De Angelis, esaminando le due commedie sul tema di Alan Bennett, e di cui tratta in modo esemplare Carmen Concilio con riferimento al Fattore umano.
Al double agent creato da le Carré nella versione cinematografica di pochi anni fa sono dedicati l’articolo di chi scrive e il saggio di Chiara Simonigh, che sottolinea con grande acutezza come nel film di Alfredson siano affidati al silenzio e agli sguardi, cioè all’immagine (com’è giusto che sia nel cinema), alcuni aspetti e momenti chiave della vicenda.
Di double agents ce ne sono ovviamente moltissimi altri nella letteratura di spionaggio. E tuttavia questa breve indagine sul tema svolta dai docenti torinesi riesce a coglierne alcune delle caratteristiche e delle peculiarità decisive. Tant’è vero, rimarca l’editore, che il libro ha avuto una buona accoglienza negli Stati Uniti.
L’autore
Paolo Bertinetti, professore di Letteratura inglese all’Università di Torino, si è occupato soprattutto del teatro inglese (dell’età elisabettiana, della Restaurazione e del Novecento), della narrativa di Graham Greene e dell’opera di Beckett (tutto il teatro, Einaudi 1994, e tutte le prose brevi, Einaudi 2010). Di recente ha pubblicato, per Einaudi English Literature. A Short History (2010) e Il teatro inglese. Storia e capolavori (2013).
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